Il giorno che scelsi di diventare farmacista

Il giorno che scelsi di diventare farmacista

Quando da bambina qualcuno mi chiedeva “cosa farai da grande?” io rispondevo “la pediatra!”. Trascorrevo ore e ore a giocare con le mie bambole, le visitavo, fingevo di  prescrivere sciroppi al gusto di fragola e applicavo cerotti sulle loro gambine fintamente ferite. Eppure succede che i sogni a volte rimangano tali e che nella vita si prendano strade diverse da quelle che il nostro cuore e la nostra mente avevano sempre disegnato.
Oggi ho 42 anni e sono una farmacista, guardo il mio presente e rifletto sulla mia realtà lavorativa, su come io l’abbia raggiunta e mi chiedo se da questa mi sento appagata. Mettersi davanti ad uno specchio non è sempre facile perché si riaprono cassetti colmi di ricordi e di successi, delusioni ed emozioni, ma sono proprio quelle emozioni a farmi sentire viva.

Ripercorro velocemente con la mente l’ultimo anno del mio liceo: sono una diciottenne piena di speranze che avendo coltivato sin da bambina il sogno di diventare una pediatra, dopo la maturità decide di partecipare ai “famosi” quiz di medicina. Una ragazza che, concluso il test, rientra a casa con il sogno infranto e decide che non andrà mai a vedere le graduatorie di quel “maledetto” test perché diverse ragazze sono in possesso delle risposte e consegnano, senza alcuna esitazione, prima di lei. Io a 18 anni credevo che non bastasse così poco per infrangere un sogno, ma violare le regole di un concorso non è cosa da poco, soprattutto se in famiglia ti hanno sempre insegnato ad essere onesta e a costruirti il futuro basandoti sulle tue capacità.
E così scelgo di non perdere tempo e di iscrivermi alla facoltà di Farmacia che in quegli anni non era a numero chiuso, in modo che magari l’anno successivo avrei riprovato i test a medicina e convalidato degli esami.

Eppure il primo anno in facoltà mi piace tantissimo, affronto tutto con molta grinta e passione, finisco gli esami a luglio e decido che continuerò i miei studi alla facoltà di farmacia e un pezzo alla volta proverò a costruire il mio futuro. A metà del terzo anno mi viene offerta la possibilità di svolgere una tesi sperimentale in biochimica e comincia la mia esperienza in laboratorio…i miei esami proseguono a gonfie vele e penso di aver intrapreso la mia strada: vorrei rimanere all’università come ricercatrice! Mi laureo con 110 e lode e plauso della Commissione di laurea. Decido però di non proseguire con il dottorato di ricerca in quanto una carriera precaria fatta nella
migliore delle ipotesi da borse di studio e qualche assegno di ricerca non era quello che volevo. Così cerco lavoro in farmacia!

La mia prima opportunità lavorativa arriva a novembre 2005 a 300 km di distanza dalla mia città natale ma sono estremamente motivata. In questa farmacia lavoro per
7 anni circa, cerco di apprendere con gli occhi e con le orecchie dai miei colleghi più esperti; sono 7 anni di alti e bassi, imparo a stare da sola in farmacia, vengo catapultata in settimane intere di notturni a volte anche senza giorno di riposo, imparo i nomi commerciali dei farmaci caricando e sistemando le scatolette nei magazzini e nel frattempo leggo i nomi dei principi attivi per collegare ciò che avevo studiato all’università. 7 anni in cui la notte conosco la seconda faccia delle città e mi trovo a relazionarmi con il popolo del “buio”, tossicodipendenti, barboni e a volte male-intenzionati prima ancora del paziente che viene in farmacia per l’emergenza. Di giorno entro in laboratorio e respiro gli “odori”; degli estratti secchi, preparo compresse e creme e torno al banco per spedire le ricette rosse. Mi formo e mi informo, imparo a dispensare consigli, a lasciare sorrisi anche di notte quando il sonno ti fa socchiudere un po’ gli occhi. Nel 2011 arriva la mia maternità, lascio per una serie di motivi il mio vecchio posto di lavoro e sulla mia strada incontro la mia nuova titolare, e da quel giorno sono 12 anni che collaboriamo.

Cerco di migliorarmi ogni giorno che passa e, nella mia mente, diventa sempre più nitida l’idea del farmacista che non vorrei mai essere.
Non ho mai avuto la possibilità economica per avere una farmacia tutta mia, ma ho imparato che prima di parlare di TITOLARI E COLLABORATORI, bisognerebbe parlare di FARMACISTI, che sono persone prima ancora di essere professionisti. Il divario non è mai una cosa positiva ma la collaborazione è costruzione e crescita. Nelle mie due esperienze lavorative mi sono relazionata a titolari e colleghi completamente diversi tra loro. È stato come essere davanti a due quadri all’apparenza uguali ma dai tratti evidenziati totalmente differenti. Ho imparato che il rapporto titolare /collaboratore deve basarsi sulla fiducia innanzitutto e come ogni rapporto di fiducia che si rispetti, deve essere nutrito da ambo le parti. Questa relazione non andrebbe vissuta con conflittualità bensì andrebbe riconosciuto che alla base di un buon lavoro di squadra deve esserci riconoscimento e rispetto dei ruoli, comprensione e comunicazione reciproca. Non soffro personalmente il fatto di non essere una farmacista titolare, cerco di affrontare il mio lavoro quotidiano con dignità e di mantenere sempre accesa la scintilla della curiosità. Il legame con il paziente/cliente è croce e delizia di questo lavoro ma è la cosa che maggiormente per me riempie l’anima. Uno stipendio più alto (legato al carico di lavoro e alle responsabilità che il nostro lavoro comporta), l’inquadramento nel comparto sanitario e non commerciale, turni di lavoro compatibili maggiormente con la vita privata, un più sano rapporto titolare/collaboratore (entrambi spesso
dovrebbero mettersi in discussione) sicuramente sarebbero vincenti per attirare un maggior numero di farmacisti a lavorare in farmacia.

Per quanto riguarda una possibile riforma universitaria, abolirei il numero chiuso consentendo una “selezione naturale” degli studenti che avverrebbe già dopo il primo anno di studi per superamento esami (passa solo chi è motivato e preparato). Si assisterebbe così anche a un numero minore di scandali sui test di ammissione. Nel piano di studi di farmacia inserirei sicuramente qualche esame sulle tecniche comunicazione, sul counseling, economia, marketing e informatica relativa ai gestionali che si utilizzano in farmacia. Si potrebbe pensare anche ad una laurea già abilitante senza necessità dell’esame di stato e con il tirocinio obbligatorio post laurea e non durante il corso di studi.

A chi oggi mi chiede perché io abbia mollato il mio sogno di bambina rispondo con un detto: Ieri è storia, domani è un mistero ma oggi è un dono, per questo si chiama presente.

 

Morgana Pisano
Commissione Scientifica MondoFarmacia

Un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *