Vaccino antiCovid Pfizer mai così atteso mai così temuto: lo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine
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Giugno 20, 2023La richiesta che più frequentemente abbiamo ricevuto dai nostri pazienti in farmacia nei primi mesi di Pandemia da Covid-19 è stata quella di potenziare le difese immunitarie.
È una domanda sbagliata, anche se comprensibile da parte di persone che non possono conoscere a fondo la complessità del Sistema Immunitario.
Le ditte farmaceutiche ed i rappresentanti che vengono a trovarci quotidianamente, non a caso, ormai decantano unicamente le proprietà immunomodulanti dei loro prodotti.
Il Sistema Immunitario, infatti, produce danni equivalenti al nostro organismo, sia nel caso sia immunodepresso, sia nel caso di una sua iperattività.
Gli studi sulle problematiche legate ad un “ipertono” immunitario sono partiti cinquant’anni fa con i primi trapianti e con la conseguente problematica dei rigetti e sono via via cresciuti con la progressiva presa di coscienza sui meccanismi insiti alle patologie autoimmuni. Tra queste le malattie organo-specifiche (come, ad esempio, la tiroidite autoimmune), le malattie sistemiche (es.: lupus eritematoso sistemico) e nel mezzo numerose forme intermedie, quali artrite reumatoide, sclerodermia, sindrome di Sjogren, connettivite mista, connettivite indifferenziata, vasculiti.
In questi giorni di Pandemia, sempre più spesso, gli immunologi stanno pubblicando articoli che mettono in strettissima correlazione la “Tempesta delle citochine” con la vera causa di mortalità da Covid-19. La prima a formulare tale ipotesi è stato, non a caso, una reumatologa, la pros.ssa Anna Helena Jonsson del Brigham and Women’s Hospital di Boston, sulla base di ciò che avviene nei pazienti affetti da artrite reumatoide, dato che tali tempeste sono state associate a diverse patologie, non tutte infettive, tra cui Ebola, influenza, malaria, lupus e alcuni tipi di artriti. L’ipotesi è stata rapidamente fatta propria dagli immunologi, quali la prof.ssa Marion Pepper, immunologa dell’Università di Washington.
Alla normale reazione delle citochine di fronte ad un’invasione batterica o virale di favorire lo spostamento di cellule e molecole del sistema immunitario verso la regione colpita, nel caso di un’aggressione da Coronaviris Sars-CoV-2 si viene a creare una vera tempesta infiammatoria, con una conseguente vasculite: i vasi sanguigni possono ostruirsi a causa delle troppe cellule immunitarie e questi “ingorghi” comportano carenza di ossigeno e nutrienti per gli organi. In alcuni pazienti questi vortici molecolari possono addirittura scatenare una cascata della coagulazione che danneggia i polmoni (o altri organi) e rende più faticosa la respirazione, fino a giungere nei casi più gravi alla morte. Sulla plausibilità di questa ipotesi vi è la constatazione che le reazioni più gravi si manifestano a distanza di diversi giorni dalla comparsa dei primi sintomi.
Alcuni ricercatori, tra cui Roberto Caricchio, MD, capo della Sezione di Reumatologia, direttore del Programma Temple Lupus, professore di Medicina e Microbiologia e Immunologia presso LKSOM, si sono spinti fino al punto di dichiarare la possibilità di predire quali pazienti manifesteranno una reazione iperimmune contro Covid-19, in base a semplici dati analitici su fattori come la conta dei globuli bianchi, l’attività degli enzimi metabolici e i marker di infiammazione e funzione respiratoria, pubblicando i dati online negli Annals of the Rheumatic Diseas.
Altri ricercatori statunitensi sono, per altro, inclini a dubitare sull’ipotesi della tempesta citochinica.
Un gruppo di ricerca coordinato da Daniel Leisman[1] (della Icahn School of Medicine presso il Mount Sinai di New York), sulla base di una Rapid Review ha messo in evidenza come livelli delle citochine infiammatorie, inclusa l’interleuchina-6 (IL-6), nei pazienti con Covid-19 grave sono notevolmente inferiori a quelli riportati nei pazienti con sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) non correlata a COVID-19. Nella patologia da ARDS i livelli di IL-6 sono quasi 10 volte superiori rispetto ai soggetti che contraggono il Covid-19 in maniera grave e lo stesso vale per le altre citochine, eppure nel distress respiratorio acuto l’utilizzi di desametasone non ha prodotto risultati positivi. Questa constatazione mette in dubbio che la responsabile della mortalità di questa pandemia sia l’iperreattività dell’organismo. Al contrario, viene notato come nella maggioranza dei casi la risposta immunitaria dei soggetti con esiti fatali sia insufficiente. A risultati analoghi sono giunti alla Washington University di St. Louis. Il dott. Philip Mudd[2], professore di medicina d’urgenza presso l’università ha pubblicato assieme ad altri ricercatori uno studio interno, in cui risulta che solamente il 4 per cento dei pazienti gravi affetti da Covid-19 mostra cellule immunitarie impazzite e fuori controllo. Anzi, secondo i dati di quest’ultimo studio, la gran parte dei pazienti mostra livelli di infiammazione equivalenti o inferiori a quelli delle persone colpite dall’influenza. Il che spiegherebbe come mai i farmaci antinfiammatori come il desametasone funzionano solo in una piccola percentuale di persone con forme gravi di Covid-19.
Il gruppo di ricerca della Washington University di St. Louis osservava i livelli del Sistema immunitario già prima dell’insorgere della pandemia, sui soggetti contagiati dalle precedenti influenze ed anche in questo caso hanno potuto osservare come nella maggior parte dei casi la risposta immunitaria fosse minore della media in coloro che si ammalano in modo severo.
Queste osservazioni non debbono portare ad abbandonare in tutti i casi il trattamento con desametasone. L’ideale, affermano questi ultimi ricercatori, sarebbe poter individuare immediatamente i pazienti che potrebbero trarre vantaggio dalla terapia steroidea in modo tale da poter dare il farmaco giusto al paziente giusto abbandonando protocolli terapeutici uguali per tutti.
[1] Leisman DE et al. Cytokine elevation in severe and critical COVID-19: a rapid systematic review, meta-analysis, and comparison with other inflammatory syndromes. Lancet Respir Med 2020;8:1233–44.
[2] Distinct inflammatory profiles distinguish COVID-19 from influenza with limited contributions from cytokine storm. Philip A. Mudd, Jeremy Chase Crawford, Jackson S. Turner, Aisha Souquette, Daniel Reynolds, Diane Bender, James P. Bosanquet, Nitin J. Anand, David A. Striker, R. Scott Martin, Adrianus C. M. Boon, Stacey L. House, Kenneth E. Remy, Richard S. Hotchkiss, Rachel M. Presti, A. O’Halloran, William G. Powderly, Paul G. Thomas, Ali H. Ellebedy. Science Advances 09 Dec 2020: Vol. 6, no. 50, eabe3024 DOI: 10.1126/sciadv.abe3024.