Comunicare salute in Farmacia. Studenti, professori e farmacisti parlano di Comunicazione
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Giugno 3, 2024In questo articolo vi parleremo della carenza di farmaci, e il quadro che ne emerge non è molto rassicurante. Per capire il contesto attuale nella sua gravità, dobbiamo però fare un passo indietro. Quando si chiedono le motivazioni delle carenze di medicinali a governi ed industrie, infatti, la risposta di solito è una sequela di lamentele, come: chiusura di impianti produttivi, carenza di materie prime o cambiamenti normativi.
Tuttavia, questo, secondo un articolo del 2019 del Financial Post, non basterebbe a spiegare alcuni fatti curiosi della situazione attuale. Esperti di industria, report di governi ed università, infatti, puntano il dito sulle cause su menzionate verificatesi verso la fine degli anni 2000, proprio quando il problema delle carenze ha iniziato ad essere una questione estesa a livello globale. Il problema, invece, sono i tagli al Welfare che hanno portato alle conseguenze che vediamo oggi giorno: budget sempre più ridotti che le istituzioni mettono a disposizione della salute pubblica.
Le trattative tra Stato ed Industria hanno portato a una riduzione progressiva o deflazione dei prezzi dei medicinali rimborsati col Sistema Sanitario e questo ha spinto le aziende a cercare fornitori con prezzi sempre più bassi per poter rientrare nei costi. La problematica interessa particolarmente l’Italia, poiché il nostro è uno dei Paesi in cui il prezzo dei farmaci rimborsati dal SSN è tra i più bassi e tale fattore incide negativamente sulla sostenibilità di tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione intermedia, fino alle farmacie. Facendo entrare nel mercato Cina ed India che in quegli anni, grazie ai prezzi fortemente concorrenziali, sono diventate le protagoniste del commercio delle materie prime ad uso farmaceutico. La crescita delle importazioni da questi Paesi, purtroppo, non è andata di pari passo con i controlli sugli stabilimenti da parte delle Agenzie regolatorie. A causa di questo, nel 2008 si verificò un incidente che avrebbe cambiato lo scenario per sempre.
In quell’anno, infatti, si verificarono segnalazioni da parte della Food and Drug Administration americana di alcuni casi di shock anafilattico o di marcata ipotensione talora mortali, in pazienti trattati con la somministrazione endovenosa di eparina non frazionata (UFH). Le indagini condotte sui lotti di farmaco ritenuto responsabile degli eventi gravi, evidenziarono la presenza di una quota eccessiva di condroitinsolfato ipersolfatato, un prodotto non dotato di attività anticoagulante propria, che può comparire nella catena di produzione delle eparine accanto ad altri glicosaminoglicani più comuni e sostanzialmente ininfluenti sia sull’efficacia che sulla sicurezza del farmaco. Le prime segnalazioni erano già cominciate dal novembre 2007 nei pazienti sottoposti ad emodialisi che avevano accusato marcata ipotensione, angioedema, tachicardia, orticaria e nausea. Dopo aver effettuato alcune indagini preliminari, mirate soprattutto ai set di emodialisi, era stata suggerita la possibile responsabilità dell’eparina prodotta dalla Baxter Healthcare, progressivamente ritirata dal commercio per essere analizzata. È in questa fase che fu identificato il contaminante condroitinsolfato e che le indagini furono allargate ad altre Nazioni nel mondo.
In Europa, casi di sospette reazioni avverse furono segnalati solo in Germania e mai mortali. Anche in questo caso fu rilevata la presenza di una quota elevata di condroitinsofato ipersolfatato. Considerato che l’UFH è la base di produzione delle eparine a basso peso molecolare, le indagini furono estese anche ad alcune di esse e in particolare all’enoxaparina, con ritiro di altri lotti di anticoagulante e ulteriore riduzione della disponibilità del prodotto. Anche in Italia furono ritirati dal commercio alcuni lotti di eparina non frazionata e di eparine a basso peso molecolare, nelle quali fu riconosciuta la stessa contaminazione, anche se in nessun caso furono riportati episodi di shock anafilattico o di ipotensione grave.
Questo fu un incidente che ribaltò completamente ed improvvisamente la situazione. L’Occidente si accorgeva che affidando l’approvvigionamento di materie prime a Cina e India, la filiera del farmaco non era così trasparente. La stessa AIFA dichiarò in merito a questo episodio, in un aggiornamento del suo bollettino di informazione sui farmaci, che la contaminazione dei prodotti a base di eparina aveva messo in luce grossi problemi, ma aveva rafforzato la condivisione degli stessi con i rappresentanti delle autorità regolatorie di numerosi Paesi. Dagli incontri che si succedettero emerse la volontà comune di rafforzare i controlli sulle materie prime nel rispetto delle regole dettate dalle Farmacopee Americana ed Europea delle quali ci sia auspicava a breve l’armonizzazione.
Il problema della contaminazione comunque è un problema mondiale, probabilmente conseguenza di un problema più complesso quale quello della globalizzazione dei mercati.
L’approvvigionamento delle materie prime si è ormai fortemente sbilanciato. Si stima che nel 2019 Cina ed India coprissero circa l’80% di questo mercato. La Cina oltretutto ha cominciato a premere per diventare non solo produttore di materie prime o commodities ma per sviluppare prodotti propri innovativi.
La corsa al ribasso del prezzo dei generici non ha solo spostato il mercato verso queste due Nazioni, ma ha anche provocato la chiusura di talune aziende produttrici di medicinali il cui prezzo trattato con lo Stato si era abbassato così tanto da diventare una perdita per l’azienda stessa. Alcuni produttori hanno reagito al cambiamento di mercato fondendosi tra loro o facendo acquisizioni.
Tutto ciò ha portato nel tempo a una riduzione dei siti produttivi di alcuni medicinali, il che ha reso ancora più vulnerabile la filiera. In caso di problemi di produzione di uno o più stabilimenti, i pochi rimasti non avrebbero più potuto, pertanto, garantire una copertura adeguata alla richiesta del prodotto rendendo il medicinale carente.
A tutto questo si aggiunge anche la pratica del Parallel Trade, ovvero il problema delle esportazioni di medicinali da Paesi che hanno un prezzo più basso, quali l’Italia o la Grecia, a Paesi dove il prezzo è più alto e quindi è più conveniente vendere il farmaco,
La Grecia ha chiesto nuovamente nel 2021 alla Comunità Europea di armonizzare la politica del mercato dei medicinali con un prezzo unico comunitario. Già nel 2011 aveva chiesto difatti un intervento a tal proposito alla Corte Europea, ma la Commissione Europea si era espressa in maniera ambigua, né favorevole né contraria, lasciando il commercio di un bene così prezioso come il farmaco all’iniziativa dei singoli governi, i quali agiscono per finalità propria piuttosto che verso il bene comunitario, provocando le conseguenze appena descritte.
di Cristina Barletta
Consiglio Direttivo MondoFarmacia
Commissione Scientifica di MondoFarmacia